Non tutte le moto sono nate per essere ammirate. Alcune hanno fatto innamorare per le prestazioni, altre per la follia del loro design. E poi ci sono loro: le moto che, nel tentativo di distinguersi, hanno sfidato ogni canone estetico.
Una carrellata ironica ma sincera sulle due ruote che, nel bene o nel male, hanno lasciato un segno nella storia — spesso per i motivi sbagliati.
Aprilia Motó 6.5 (1996)

Un uovo su due ruote. Così la definì qualcuno al suo debutto. Disegnata da Philippe Starck, la Aprilia Motó 6.5 voleva essere un’opera d’arte, ma finì per sembrare un esperimento di design andato storto. Curiosa e coraggiosa, oggi è rivalutata dai collezionisti più eccentrici — quelli che amano le moto “così brutte da essere belle”.
BFG 1300 (1982)

Un motore Citroën GS montato su una moto? L’idea francese era geniale sulla carta, meno nella realtà. Con i suoi 267 kg a secco e una linea tozza, la BFG 1300 sembrava più un’auto a due ruote che una moto. Comoda, sì, ma con l’eleganza di un frigorifero in movimento.
Bimota DB3 Mantra (1995)

Nata a Rimini e firmata Sacha Lakic, la Mantra doveva rompere gli schemi. E ci riuscì — forse troppo. Il design ardito e la coda massiccia fecero storcere il naso anche ai fan più fedeli del marchio. Tecnica da urlo, ma estetica da… coraggio da vendere.
BMW K1 (1988)

Un capolavoro ingegneristico avvolto in un carena aerodinamica esagerata e colori da circo. La BMW K1 fu un’anticipazione dei tempi, ma quella combinazione di rosso e giallo fece venire mal di testa anche ai più patriottici bavaresi.
BMW R1200 ST (2005)

Forse nata da una scommessa tra ingegneri: “Riusciremo a venderla anche così?”. Il muso spigoloso e il faro asimmetrico della R1200 ST la resero inconfondibile… ma non in senso positivo. Sotto il cofano, però, il solito boxer BMW impeccabile.
Boss Hoss BH-3 LS3 (1990)

Il sogno americano spinto all’estremo: motore V8 Chevrolet da 6 litri, 445 cavalli e oltre 500 chili di metallo cromato. Più che una moto, un piccolo missile terrestre. Fa rumore, fa scena, ma di eleganza — zero assoluto.
Buell 1125CR (2008)

Erik Buell, genio visionario, provò a reinventare la sportiva naked. Peccato per quel frontale “a scoiattolo”, tanto amato quanto deriso. Un mix di innovazione e design indecifrabile che oggi divide ancora i forum dei motociclisti.
Ducati Paso 750 (1985)

Una Ducati chiusa da cima a fondo, con un faro quadrato e una carenatura totale. L’audacia di Massimo Tamburini non fu capita: troppa modernità per i puristi. Col tempo, però, il Paso è diventato un piccolo cult per chi ama le Ducati “difficili”.
Ducati 999 (2003)

Dopo la sensualità della 916, la 999 di Pierre Terblanche spiazzò tutti: linee taglienti, fari verticali e un look più ingegneristico che passionale. Sulla pista vinse tutto, ma nei garage restò spesso sola e incompresa.
Honda NM4 Vultus (2014)

Direttamente da un film di Star Wars, la NM4 sembrava un veicolo da fantascienza più che una moto. Comfort da scooter, linee da navicella spaziale e fascino… da intenditori. Troppo avanti per il suo tempo o semplicemente troppo strana?
Honda Pacific Coast PC800 (1989)

Una moto-scooter con vano posteriore integrato e una silhouette più da monovolume che da tourer. Amata dai pendolari giapponesi, ignorata da chi cercava passione. Troppo pratica per scaldare i cuori.
Kawasaki Versys 1000 (2012)

Quando Kawasaki unì il motore della Z1000 a un corpo da crossover, nacque la Versys 1000. Ottima moto, ma quello sguardo “a due livelli” dei fari frontali rimase impresso per la sua… stranezza. Fortunatamente, il restyling del 2015 fece pace con l’estetica.
KTM 690 SM (2007)

Una delle migliori supermotard di sempre, ma anche una delle più divisive. Il suo “becco di corvo” e le linee spigolose firmate Kiska Design non conquistarono tutti. Eppure, guidarla è puro divertimento: un’anatra che corre come un falco.
Münch Mammuth (1966)

Un mostro meccanico con motore Opel da 996 cc e un peso che sfiora i 380 kg. La “moto-elefante” tedesca resta una leggenda per i collezionisti, ma la grazia non abitava certo nel suo DNA.
MZ 1000 SP (2005)

Un’anima sportiva intrappolata in un corpo poco ispirato. Il frontale “da alieno” della MZ 1000 SP ha spaventato più clienti che curve. Peccato, perché sotto quella maschera c’era una ciclistica da applausi.
Suzuki GSX1100S Katana (1981)

Avveniristica e affilata come una lama, la Katana è uno dei design più iconici — e discussi — di sempre. O la ami o la odi. Il suo stile futurista anni ’80 oggi la rende un cult da collezione.
Voxan VX10 (2009)

La Francia ci prova con la roadster VX10, ma il frontale a doppio livello e il codone asimmetrico non convincono nessuno. Una moto tecnicamente valida, ma esteticamente… da manuale di “cosa non fare”.
Venturi Wattman (2013)

Elettrica, 200 cavalli e 350 chili di peso. La Venturi Wattman è un trionfo di tecnologia travestito da carro armato. Più una dichiarazione d’intenti che una moto per l’asfalto di tutti i giorni.
Yamaha 900 TDM (2002)

Versatile, indistruttibile, ma con un frontale che ricorda un teschio. I motociclisti francesi la soprannominarono “Tête de Mort” — e non per caso. Brutta ma affidabile: un mulo con l’anima da samurai.
