Bugatti EB110: il sogno in blu che finisce presto (le auto più veloci al mondo)

Scritto da Daniele Bianchi

Raggiungeva i 342 km/h, ma allo stesso tempo la Bugatti EB110, lanciata nel 1991, divorò un miliardo di franchi e dichiarò bancarotta dopo soli quattro anni. Ecco la storia di un sogno ambizioso, quasi troppo grande.

Un lancio spettacolare

Gli anni ’90 erano l’era della spensieratezza e dell’opulenza, e la Bugatti EB110 ne è il simbolo perfetto. Il 15 settembre 1991, in occasione del 110° anniversario della nascita di Ettore Bugatti, l’auto fu presentata in grande stile a La Défense, a Parigi, davanti a 5.000 invitati, con Alain Delon come padrino dell’evento. La giornata proseguì con una parata sugli Champs-\u00c9lys\u00e9es e una cena sontuosa a Versailles. Romano Artioli, l’uomo dietro questa rinascita, visse quel giorno come un trionfo personale. Concessionario Ferrari e Suzuki, Artioli sognava di riportare Bugatti ai fasti di un tempo, e con l’EB110 pensava di avercela fatta.

Un’auto superlativa

Artioli voleva creare la più bella, veloce e costosa auto al mondo. La EB110 venne cronometrata a 342 km/h sulla pista di Nardò, confermandosi tra le più veloci. Con un prezzo di 2,1 milioni di franchi (circa 470.000 euro di oggi), si posizionava ben lontana dalle supercar attuali come la Chiron. Ma il progetto era ambizioso, forse troppo. Con il supporto di Jean-Marc Borel, Artioli raccolse un miliardo di franchi, equivalenti a circa 300 milioni di euro odierni, una cifra non sufficiente per sostenere una nuova casa automobilistica da zero.

Un team leggendario

Artioli non badò a spese nel reclutare i migliori. Paolo Stanzani, ingegnere dietro la Lamborghini Miura e Countach, guidò lo sviluppo, mentre il design fu affidato a Marcello Gandini. Il motore V12 da 3,5 litri, con quattro turbocompressori, erogava 550 CV e 608 Nm di coppia. Il telaio in fibra di carbonio, sviluppato dall’Aérospatiale, era all’avanguardia. Anche l’impianto di produzione fu costruito senza badare a spese: una fabbrica blu a Campogalliano, nel cuore della Motor Valley italiana, impiegava 220 persone per l’assemblaggio delle auto.

Un percorso accidentato

Nonostante le premesse, le difficoltà non tardarono ad arrivare. Le tensioni interne portarono Stanzani a lasciare e Gandini a prendere le distanze, poiché l’auto finale non rispecchiava completamente il suo progetto. Alcuni collaudatori criticarono il comportamento sottosterzante dell’auto. Nonostante tutto, le prime EB110 iniziarono a essere consegnate, ma la produzione lenta e costosa non poteva sostenere l’azienda. Borel spiegò che serviva vendere almeno 152 auto all’anno per generare profitto, ma nei quattro anni di produzione ne furono vendute solo 139.

Una caduta inevitabile

La costruzione di ogni EB110 richiedeva 54 giorni, un processo estremamente dispendioso rispetto ai tempi di produzione di case come Ferrari. I dettagli erano maniacali: solo il cambio costava quanto un’intera Fiat 500. Ogni consegna era accompagnata da un team di tecnici che spiegava al cliente, per giorni, come utilizzare e mantenere l’auto. Questo approccio meticoloso contribuì al tracollo: il 23 settembre 1995, l’amministratore giudiziario chiuse le porte della fabbrica.

Artioli perse tutto: la Bugatti, il rapporto con Ferrari e l’importazione di Suzuki. Tentò di risollevarsi acquistando Lotus, ma senza successo. Anni dopo, in un’intervista alla Gazzetta di Modena, dichiarò che i concorrenti ostacolarono gli investitori, portando al fallimento. Oggi, a 91 anni, Artioli si è ritirato, ma la sua passione per il marchio resta viva, ora sotto il controllo di Volkswagen e Rimac, con Molsheim di nuovo al centro della storia.

Daniele Bianchi
Daniele Bianchi
Daniele Bianchi, nato a Milano nel 1980, è una figura di spicco nel giornalismo automobilistico italiano. Fin dalla giovane età ha nutrito una passione per le moto e le automobili, che lo ha portato a laurearsi in Comunicazione e Giornalismo all'Università di Bologna. Fondatore di Italiano Enduro, Daniele è conosciuto per la sua competenza tecnica e il suo stile narrativo coinvolgente.
Pubblicato in: Tendenze