Le e-bike hanno cambiato il modo di muoversi nelle città, offrendo un equilibrio perfetto tra mobilità sostenibile e praticità quotidiana. Tuttavia, una nuova proposta normativa rischia di scuotere questo equilibrio, accendendo un acceso dibattito che coinvolge aziende, associazioni e appassionati del settore.
La nuova proposta della ZIV e le limitazioni sui motori
In Germania, la ZIV (Zweirad-Industrie-Verband), associazione che rappresenta l’industria delle due ruote, ha presentato una proposta per ridefinire le regole dei motori elettrici montati sulle biciclette. Secondo il documento, l’assistenza del motore dovrebbe essere limitata a un rapporto massimo di 1:4: in pratica, se un ciclista genera 100 watt di potenza, il motore potrebbe aggiungerne al massimo 400. Inoltre, la potenza di picco verrebbe fissata a 750 watt.

La ZIV spiega che questa misura mira a preservare la natura “ciclistica” delle e-bike, evitando che diventino veri e propri scooter elettrici mascherati. Tuttavia, per molti operatori del settore — in particolare i produttori di cargo bike e i costruttori di modelli per persone con disabilità — la proposta rischia di penalizzare proprio le categorie che hanno più bisogno di potenza e autonomia.
L’influenza di Bosch nel dibattito
A finire sotto i riflettori è Bosch, colosso tedesco e principale fornitore europeo di sistemi per biciclette elettriche. Secondo diversi esperti, l’azienda avrebbe avuto un peso determinante nelle discussioni tecniche all’interno della ZIV. Il motivo? Bosch non produce motori che superano i 750 watt di picco e, secondo i critici, avrebbe tutto l’interesse a mantenere quel limite per proteggere la propria posizione di mercato.
Annick Roetynck, direttrice della LEVA-EU (Light Electric Vehicle Association), ha parlato senza mezzi termini: “È una forma di protezionismo mascherato”, ha dichiarato. A suo avviso, il rischio è di frenare l’innovazione e ostacolare la crescita di un settore che potrebbe offrire soluzioni cruciali per la mobilità urbana e il trasporto sostenibile.
Le implicazioni per i ciclisti e i modelli più potenti
Dietro le polemiche si nasconde un problema concreto: chi utilizza una e-bike per lavoro o per esigenze fisiche specifiche potrebbe trovarsi penalizzato. Per chi trasporta merci, bambini o persone con mobilità ridotta, la potenza del motore non è un lusso, ma una necessità.

Alcuni ciclisti urbani, ad esempio, raccontano che senza una spinta più vigorosa è difficile affrontare pendenze o lunghi tragitti con carichi pesanti. “Uso la bici per consegnare pacchi in centro città”, spiega un corriere di Berlino. “Con i limiti proposti, dovrei fare più fatica e impiegare più tempo: non è realistico.”
Accuse di protezionismo e strategie commerciali
Tra i più critici c’è Hannes Neupert, figura di spicco nel mondo delle e-bike, che accusa Bosch di voler “congelare” l’innovazione per mantenere un vantaggio competitivo. A suo dire, la proposta della ZIV servirebbe a mascherare una strategia di controllo del mercato dietro il pretesto della sicurezza e della standardizzazione.
Neupert sostiene che, limitando la potenza dei motori, si scoraggiano nuovi produttori e startup che stanno sviluppando tecnologie più avanzate, capaci di spingere le biciclette elettriche verso un livello superiore di prestazioni e autonomia. “Il mercato ha bisogno di libertà per innovare — non di confini artificiali”, ha ribadito.
Bosch e la posizione ufficiale della ZIV
La ZIV ha cercato di ridimensionare la polemica, chiarendo che la proposta è frutto del consenso tra i suoi 140 membri e non una decisione imposta da Bosch. L’associazione ha spiegato di aver lavorato con diversi stakeholder, inclusi rappresentanti del settore pubblico e tecnico.
Dal canto suo, Bosch ha confermato la propria partecipazione ai tavoli di lavoro, ma ha invitato a rivolgersi alla ZIV per ulteriori chiarimenti. In una nota ufficiale, l’azienda ha sottolineato il proprio impegno per una mobilità sostenibile e sicura, “in linea con la normativa europea e le esigenze dei consumatori”.
Impatti futuri sui consumatori
La questione, inizialmente tecnica, sta assumendo contorni sempre più politici. L’Unione Europea sta infatti valutando una revisione della normativa sui veicoli elettrici leggeri, e la decisione finale potrebbe influenzare milioni di ciclisti.
Se le nuove restrizioni venissero approvate, le e-bike potrebbero diventare meno performanti e, in alcuni casi, meno accessibili. Questo rischierebbe di rallentare la crescita di un mercato che negli ultimi anni ha trainato la mobilità sostenibile urbana e ridotto l’uso delle auto nei centri storici.
In definitiva, il dibattito intorno ai motori delle biciclette elettriche non riguarda solo la tecnologia, ma il modello di città che vogliamo costruire: più lenta, ma equa, o più veloce, ma aperta all’innovazione.
