L’idea di produrre carburanti sintetici a partire dall’acqua marina potrebbe sembrare fantascienza, ma è una tecnologia che sta diventando sempre più concreta. Considerando l’accumulo di CO2 nell’atmosfera e negli oceani, questa innovazione rappresenta un’opportunità per trasformare un problema ambientale in una soluzione energetica sostenibile.
Un carburante dal mare: la tecnologia alla base
Il principio di questa tecnologia si basa sulla capacità degli oceani di assorbire enormi quantità di anidride carbonica, fino a 2 miliardi di tonnellate di carbonio all’anno. Inoltre, l’acqua marina contiene naturalmente idrogeno, che può essere estratto tramite elettrolisi. L’idea è di combinare questi due elementi per ottenere idrocarburi sintetici, ossia carburanti utilizzabili nei motori a combustione.
Il Naval Research Laboratory (NRL) degli Stati Uniti ha sviluppato un dispositivo sperimentale che sfrutta questi principi, riuscendo a produrre benzina sintetica direttamente dall’acqua marina. Questa tecnologia si basa sul modulo E-CEM (Electrolytic Cation Exchange Module), brevettato nel 2016, capace di estrarre contemporaneamente CO2 e idrogeno dall’acqua di mare.
Esperimenti promettenti
Dopo il brevetto, il primo impianto pilota è stato installato presso la Marine Corrosion Facility in Florida, dove ha dimostrato la possibilità di produrre 4 litri al giorno di carburante sintetico. Un successivo miglioramento del processo ha portato alla creazione di un secondo impianto pilota, in grado di combinare due reazioni chimiche fondamentali:
- Reazione gas-acqua inversa (RWGS): converte CO2 e idrogeno in monossido di carbonio;
- Reazione di Fischer-Tropsch: permette di sintetizzare idrocarburi utilizzabili come carburante.
Curiosamente, questi stessi processi erano stati già studiati dalla NASA negli anni ‘70 e ‘80, con l’idea di produrre carburante direttamente dall’atmosfera di Marte, composta per il 96% da CO2. Oggi, invece, le applicazioni sono molto più vicine alla realtà terrestre.
Applicazioni militari e civili
Questa tecnologia è attualmente sviluppata per scopi militari, in particolare per la Marina degli Stati Uniti, che potrebbe equipaggiare le proprie navi con sistemi in grado di produrre carburante direttamente a bordo. Questo permetterebbe di ridurre la dipendenza dalle catene di approvvigionamento, aumentando l’autonomia delle flotte e limitando le vulnerabilità legate ai trasporti di carburante.
Gli obiettivi della Marina includono la produzione di vari tipi di carburanti sintetici, tra cui:
- Gas naturale liquefatto (GNL);
- Gas naturale compresso (GNC);
- Carburanti per l’aviazione militare, come il F-76 e il JP-5.
Oltre il settore militare: centrali nucleari e produzione sostenibile
Oltre all’impiego sulle navi, l’idea di utilizzare questa tecnologia si estende anche ad altre infrastrutture, come le centrali nucleari. Secondo Robert Hargraves, cofondatore della Thorcon, un’azienda specializzata in reattori nucleari a sali fusi, questi sistemi potrebbero essere impiegati nelle centrali costiere per trasformare l’acqua marina in carburante. In questo scenario, le centrali nucleari non solo produrrebbero elettricità, ma diventerebbero anche dei veri e propri impianti di produzione di combustibili sintetici.
Una volta consumati, questi carburanti rilascerebbero CO2, che sarebbe nuovamente assorbita dagli oceani, creando così un ciclo quasi neutro dal punto di vista delle emissioni.
Un passo verso il futuro dell’energia
L’idea di trasformare l’acqua marina e l’energia nucleare in carburante rappresenta un grande passo avanti per l’indipendenza energetica e la sostenibilità ambientale. Se questa tecnologia riuscirà a scalare la produzione e ridurre i costi, potrebbe diventare una delle soluzioni più interessanti per ridurre l’impatto delle emissioni di CO2 e garantire una fonte energetica alternativa ai combustibili fossili.